Dalla città dolente
In questo articolo si espone l’idea che l’Inferno di Dante possa essere inteso come metafora di un Carcere contemporaneo. Nell’istituto penitenziario di Roma Rebibbia i detenuti-attori, resi celebri dal film Cesare deve morire dei fratelli Taviani, riflettono sui concetti di colpa, pena, pietas, sp...
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Autor principal: | |
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Formato: | article |
Lenguaje: | CA EN ES IT |
Publicado: |
Universitat Autònoma de Barcelona
2017
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Materias: | |
Acceso en línea: | https://doaj.org/article/11044163b8324657a26862c25410723d |
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Sumario: | In questo articolo si espone l’idea che l’Inferno di Dante possa essere inteso come metafora di un Carcere contemporaneo. Nell’istituto penitenziario di Roma Rebibbia i detenuti-attori, resi celebri dal film Cesare deve morire dei fratelli Taviani, riflettono sui concetti di colpa, pena, pietas, speranza, liberazione attraverso le visioni della Commedia. Sul palcoscenico del carcere Dante torna a rivelarsi come poeta senza tempo, capace di parlare dell’umano agire e patire con parole e idee sempre attuali e trasversali a tutti i contesti sociali e culturali. Mediante traduzioni multilingue (inglese, spagnolo, persino cinese) e multidialettali colte, le terzine diventano poesia del dolore penitenziario ed il loro ascolto può produrre negli spettatori, ma anche negli interpreti detenuti, un effetto emotivo e spirituale che potrebbe essere paragonato all’idea aristotelica della catarsi.
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