Dalla città dolente
In questo articolo si espone l’idea che l’Inferno di Dante possa essere inteso come metafora di un Carcere contemporaneo. Nell’istituto penitenziario di Roma Rebibbia i detenuti-attori, resi celebri dal film Cesare deve morire dei fratelli Taviani, riflettono sui concetti di colpa, pena, pietas, sp...
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Universitat Autònoma de Barcelona
2017
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oai:doaj.org-article:11044163b8324657a26862c25410723d2021-12-05T12:23:25ZDalla città dolente10.5565/rev/dea.802385-72692385-5355https://doaj.org/article/11044163b8324657a26862c25410723d2017-11-01T00:00:00Zhttps://revistes.uab.cat/dea/article/view/80https://doaj.org/toc/2385-7269https://doaj.org/toc/2385-5355 In questo articolo si espone l’idea che l’Inferno di Dante possa essere inteso come metafora di un Carcere contemporaneo. Nell’istituto penitenziario di Roma Rebibbia i detenuti-attori, resi celebri dal film Cesare deve morire dei fratelli Taviani, riflettono sui concetti di colpa, pena, pietas, speranza, liberazione attraverso le visioni della Commedia. Sul palcoscenico del carcere Dante torna a rivelarsi come poeta senza tempo, capace di parlare dell’umano agire e patire con parole e idee sempre attuali e trasversali a tutti i contesti sociali e culturali. Mediante traduzioni multilingue (inglese, spagnolo, persino cinese) e multidialettali colte, le terzine diventano poesia del dolore penitenziario ed il loro ascolto può produrre negli spettatori, ma anche negli interpreti detenuti, un effetto emotivo e spirituale che potrebbe essere paragonato all’idea aristotelica della catarsi. Fabio CavalliUniversitat Autònoma de BarcelonaarticleCarcereTeatroRebibbiaCesare deve morireLibero arbitrioCatarsiArts in generalNX1-820Language and LiteraturePCAENESITDante e l'Arte, Vol 4 (2017) |
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Carcere Teatro Rebibbia Cesare deve morire Libero arbitrio Catarsi Arts in general NX1-820 Language and Literature P Fabio Cavalli Dalla città dolente |
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In questo articolo si espone l’idea che l’Inferno di Dante possa essere inteso come metafora di un Carcere contemporaneo. Nell’istituto penitenziario di Roma Rebibbia i detenuti-attori, resi celebri dal film Cesare deve morire dei fratelli Taviani, riflettono sui concetti di colpa, pena, pietas, speranza, liberazione attraverso le visioni della Commedia. Sul palcoscenico del carcere Dante torna a rivelarsi come poeta senza tempo, capace di parlare dell’umano agire e patire con parole e idee sempre attuali e trasversali a tutti i contesti sociali e culturali. Mediante traduzioni multilingue (inglese, spagnolo, persino cinese) e multidialettali colte, le terzine diventano poesia del dolore penitenziario ed il loro ascolto può produrre negli spettatori, ma anche negli interpreti detenuti, un effetto emotivo e spirituale che potrebbe essere paragonato all’idea aristotelica della catarsi.
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