L’Inferno (1911) e Dante’s Inferno (1924): due capolavori del muto e la loro fortuna

L’Inferno della Milano Films e l’americano Dante’s inferno costituiscono i due capolavori del cinema muto che hanno tentato la titanica impresa di tradurre sul grande schermo la forza visionaria della Commedia dantesca. Entrambi i film costituiscono due pietre miliari della storia del cinema e hanno...

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Autor principal: Delio De Martino
Formato: article
Lenguaje:CA
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Publicado: Universitat Autònoma de Barcelona 2016
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Acceso en línea:https://doaj.org/article/261f62ffb1414e40b5f01fdf5655dbf2
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Sumario:L’Inferno della Milano Films e l’americano Dante’s inferno costituiscono i due capolavori del cinema muto che hanno tentato la titanica impresa di tradurre sul grande schermo la forza visionaria della Commedia dantesca. Entrambi i film costituiscono due pietre miliari della storia del cinema e hanno lasciato una traccia importante non solo nell’epoca della loro distribuzione ma anche nella cinematografia successiva e anche in altre forme di espressione artistica. Più o meno esplicitamente le suggestioni di questi due film rivivono all’interno di opere della settima arte come Go down, Death!, in cui scene di Inferno sono rimontate all’interno di una vicenda legata al mondo afroamericano, o de La nave di Satana, una sorta di omaggio al precedente Dante’s Inferno, ma anche in ambiti più sorprendenti come quello della pubblicità o delle app per tablet. In un panorama complessivo in cui non si è ancora riusciti a esprimere  pienamente sulla pellicola il potenziale figurativo di un poema così denso, questi lungometraggi dei primordi del cinema, pur privi di sonoro e nella limitatezza tecnica dei tempi, ancora oggi, a circa un secolo di distanza, rappresentano un archetipo non ignorabile. Secondo una tendenza moderna e postmoderna tanti artisti hanno saputo ridurre e smembrare sempre più questi inferni muti per riutilizzarne idee, emozioni o frammenti più o meno deformati nelle loro opere nell’utopica attesa che un giorno la settima arte riesca a dimostrare di essere capace di produrre immagini in movimento davvero all’altezza del poema dantesco.