Giorgio Manganelli e la necessità di una letteratura mostruosa
«Non v’è salvezza al di fuori del mostruoso»; «la diserzione, intrinseca alla letteratura, diventa nel fantastico sfida blasfema, obiezione, tradimento»: in questi passi, lo scrittore italiano Giorgio Manganelli (1922-1990) riafferma la portata trasgressiva della sua opera, indicando nel superament...
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Formato: | article |
Lenguaje: | EN ES FR IT PT |
Publicado: |
Universitat Autònoma de Barcelona
2015
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Materias: | |
Acceso en línea: | https://doaj.org/article/2fd3d9c64dc14f58804ecced9c82a074 |
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Sumario: | «Non v’è salvezza al di fuori del mostruoso»; «la diserzione, intrinseca alla letteratura, diventa nel fantastico sfida blasfema, obiezione, tradimento»: in questi passi, lo scrittore italiano Giorgio Manganelli (1922-1990) riafferma la portata trasgressiva della sua opera, indicando nel superamento dei limiti razionali, del verosimile, dell’accettabile o, in altre parole, del narrabile la via per sottrarre la letteratura ad una funzione strumentale. Così, nel privilegiarla come atto di linguaggio e nel disimpegnarla da mansioni mimetico-realistiche, Manganelli la popola di esseri informi e metamorfici. Ad esempio, in opere quali Hilarotragoedia (1964) e Dall’inferno (1985) il mostruoso non si presenta come qualcosa di aberrante, ma piuttosto come il risultato di una sorta di teologia paradossale, in grado di sovvertire o burlare le grandi convenzioni umane. Partendo da tali questioni, l’articolo affronterà il tema del mostro quale infrazione e sovversione essenziali allo scardinamento di un orizzonte ermeneutico antropocentrico, come voleva, tra gli altri, Foucault.
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