Machiavelli e il centralismo politico intorno al viceré Luigi Lacerda y Aragón

Una delle forme di manifestazione di Machiavelli nella storia e nella cultura spagnola è sicuramente l’esperienza particolarmente significativa del viceré di Spagna a Napoli, il duca di Medinacoeli. Questi operò nella città partenopea a cavallo fra la fine del 1600 e l’esordio del secolo successivo,...

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Autor principal: Silvio Suppa
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Lenguaje:CA
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Publicado: Swervei de publicacions 2010
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Silvio Suppa
Machiavelli e il centralismo politico intorno al viceré Luigi Lacerda y Aragón
description Una delle forme di manifestazione di Machiavelli nella storia e nella cultura spagnola è sicuramente l’esperienza particolarmente significativa del viceré di Spagna a Napoli, il duca di Medinacoeli. Questi operò nella città partenopea a cavallo fra la fine del 1600 e l’esordio del secolo successivo, in un momento particolarmente florido della vita civile e della produzione intellettuale napoletana, che già si era intensificata a partire dalla prima metà del seicento. L’Accademia di Medinacoeli, dal nome del nobile che la volle, si rivelò un luogo di prezioso incontro fra culture e istanze ideali differenti, tutte sostanzialmente ruotanti intorno alla possibilità di definire un modello di Stato moderno e adeguato alle dimensioni che la città aveva assunto grazie anche alla presenza spagnola. Al centro di questo raffinato circolo di professori e scienziati, non poteva mancare, o in termini adombrati, o in menzione esplicita, sebbene assai problematica, il nome del Segretario fiorentino, che finì così col diventare un punto di riferimento fondamentale nella ricerca di una consapevole teoria del governo e dei compiti del governatore. Naturalmente, le tesi contenute nelle lezioni recitate a Corte —da cui il nome di Accademia Palatina o di Palazzo— si ponevano in guise differenti rispetto a Machiavelli, adottato come esempio di innovazione risolutiva, o come modello da non imitare, per la durezza che veniva imputata all’autore rinascimentale. Rimane, però, storiograficamente corretta l’impressione secondo la quale, dopo un intero secolo —quello barocco— di netta ispirazione antimachiavellica, l’occasione offerta dal Viceré di Spagna, foriera di un’apertura più coraggiosa sul Fiorentino, sembrava intervenire come un momento di inversione di tendenza e di apertura agli scritti di Machiavelli, ma soprattutto di sua possibile adozione in seno al tema dell’educazione del principe e della centralità del comando.
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