Il Partito Comunista Italiano e De Sanctis negli anni Cinquanta. Classe operaia ed egemonia nazionale
Nel secondo dopoguerra il Partito Comunista Italiano, sotto la guida di Palmiro Togliatti e alla luce dei Quaderni scritti in carcere da Antonio Gramsci (in particolare le note sul Risorgimento, sulla funzione degli intellettuali, sul concetto di egemonia) imposta una grande battaglia per la conquis...
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Formato: | article |
Lenguaje: | CA EN IT |
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Swervei de publicacions
2011
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Acceso en línea: | https://doaj.org/article/c004eed048294ddab326b39ab5af1ecd |
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Sumario: | Nel secondo dopoguerra il Partito Comunista Italiano, sotto la guida di Palmiro Togliatti e alla luce dei Quaderni scritti in carcere da Antonio Gramsci (in particolare le note sul Risorgimento, sulla funzione degli intellettuali, sul concetto di egemonia) imposta una grande battaglia per la conquista dell’egemonia culturale. Il primo obiettivo è quello di combattere la prevalente influenza di Benedetto Croce e della sua interpretazione del Risorgimento, sostituendole appunto quella di Gramsci e facendo della classe operaia e del suo partito il vero erede della miglior tradizione laico-democratica del Risorgimento stesso, la tradizione di Bertrando Spaventa, di Francesco De Sanctis, di Antonio Labriola. L’oggetto di più aspra contesa fra liberali e marxisti, dalla stampa quotidiana alle riviste accademiche, diventa negli anni Cinquanta Francesco De Sanctis, secondo il dilemma diventato classico De Sanctis-Croce o De Sanctis-Gramsci? Strettamente legata, anzi propedeutica a questa è la discussione sul filosofo marxista Antonio Labriola. Una vera e propria ‘battaglia delle idee’ cui partecipano tutti, politici e intellettuali. |
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