«In my restless dream, I see that town»: una prospettiva narratologica sulla città fantastica di Silent Hill

Nell’analizzare le modalità narrative del linguaggio videoludico è facile registrare una ricorrente e affermata pratica di estrapolazione e rielaborazione di motivi e strategie tematico-formali provenienti dall’ampia modalità del fantastico, senza che questi, tuttavia, arrivino nella quasi totalità...

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Autor principal: Davide Carnevale
Formato: article
Lenguaje:EN
ES
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PT
Publicado: Universitat Autònoma de Barcelona 2017
Materias:
A
Acceso en línea:https://doaj.org/article/d2b078b426204bfeb1cbd20f82061df8
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Davide Carnevale
«In my restless dream, I see that town»: una prospettiva narratologica sulla città fantastica di Silent Hill
description Nell’analizzare le modalità narrative del linguaggio videoludico è facile registrare una ricorrente e affermata pratica di estrapolazione e rielaborazione di motivi e strategie tematico-formali provenienti dall’ampia modalità del fantastico, senza che questi, tuttavia, arrivino nella quasi totalità dei casi a condensarsi in un esito autenticamente perturbante o a generare quell’essenziale condizione di profonda inquietudine e d’incertezza senza soluzioni riscontrabile invece nell’ambito del genere letterario. Proprio nel suo rifarsi alla ricca tradizione del fantastico otto-novecentesco e in ragione di una ricercatezza estetica certamente inedita, tutta rivolta al conseguimento di una specifica tensione esitante che attraversa l’intera esperienza di gioco, la saga di Silent Hill costituisce uno degli esempi più riusciti di trasposizione del fantastico nel nuovo medium del videogioco. L’importanza fondamentale dell’aspetto spaziale, comune sia alla narrazione fantastica che al «testo» videoludico, trova espressione, con la cittadina immaginaria che dà il nome alla serie, in una delle più spaventose e iconiche raffigurazioni dell’ambiente urbano, di un contesto, cioè, familiare e rassicurante che si trasforma in un inconcepibile crocevia di angoscianti mondi alternativi e dimensioni da incubo che nel loro continuo sovrapporsi e sostituirsi alla realtà ne determinano l’inevitabile frantumazione, arrivando a negare la possibilità stessa di una sua rappresentabilità. 
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